Il funerale dell'informatica


C’era una volta lo SMAU (Salone del Mobile e delle Attrezzature per l’Ufficio). Cosa centrasse questo con l’informatica non è molto chiaro, e deve essere sembrato tale anche a coloro che un giorno hanno deciso di trasformare la fiera in Salone dei Macchinari e delle Attrezzature per l’Ufficio. Trovato quindi l’espediente per legittimare quello che era il motivo portante dell’evento (l’informatica, nel bene e nel male), la Fiera poteva contare su un appuntamento annuale atteso e al centro dell’attenzione. Di anno in anno sono così cresciuti, espositori, metri quadri, visitatori, perditempo, cacciatori di gadget, volantinaggi e bagarini, fino a spingersi alle porte dei convogli della metropolitana. Questa macchina lanciata a tutta velocità, andava tutti agli anni alla ricerca di nuove motivazioni e, soprattutto sempre più partecipanti, per ingrossare le cifre da presentare a stampa, agenzie di pubblicità e finanziatori. Poi un giorno venne la New economy: come tutte le cose letali sembrava un avvento festoso, ricco e imperturbabile, almeno fino a quando finì. Di colpo i visitatori, gli inserzionisti, gli annessi e i connessi, cominciarono a calare, anche se il mondo andava avanti lo stesso. Quei padiglioni nuovi costruiti prevalentemente proprio per SMAU e tutta un’organizzazione che per muoversi doveva essere ‘lubrificata’ in molti punti, sembravano in difficoltà, così servivano idee nuove.

Accertato, a seguito di difficilissime e articolatissime indagini di mercato, che tra i più attratti dalla tecnologia ci sono niente meno che i giovani, ecco che come per miracolo si moltiplicano tra scuole, negozi e bagarini, i biglietti per le giornate riservate agli operatori. Ma lo stratagemma per attirare nuovi numeri da contare ai varchi della fiera, poteva non essere sufficiente, serviva qualche attrattiva più stimolante anche all’interno della fiera. È in quei momenti che di fianco a computer, programmi e accessori per niente seducenti a meno di gravi scompensi mentali, sono comparse le prime minigonne avvolgenti di lunghe gambe appartenenti non a una nuova generazione di addette informatiche, ma a quelle che qualche anno dopo sarebbero state battezzate ‘cubiste’, e non per le forme o per una vocazione artistica.

I gemellaggi degli espositori più intraprendenti con le radio private più in voga ha rappresentato la quadratura del cerchio. Migliaia di ragazzi erano così attratti in SMAU dalle cose che più le interessavano: giochi, donne e musica. Niente da ridire in tutti ciò, tranne il fatto che ci si ostinava presentare l’evento come appuntamento annuale dedicato alla tecnologia e rivolto in primo luogo agli operatori del settore.

Nel momento in cui però, la situazione economica non accenna a invertire la tendenza, riempire padiglioni di masse incuriosite e attratte da volumi da discoteca (i più decisi, in genere le aziende di telefonia mobile, non si tirano indietro nella gara a chi è in grado di raggiungere il volume più alto), non è più sufficiente. Si arriva così alla mossa a sorpresa.

Anno 2002: scenario prima ancora che da crisi economica, da terrore nello spendere e investire. All’ingresso della fiera, la sensazione è subito evidente: calma surreale, quasi timore da parte degli espositori e, soprattutto, enormi spazi vuoti nella pur ‘condensata esposizione’. Dietro il paravento di una migliore organizzazione diversi padiglioni non vengono più utilizzati, gli spazi contesi fino all’anno precedente sono ora oggetto di clausole contrattuali 3x1 (paghi un metro quadro di stand, ma sei obbligato a occuparne almeno il triplo)  e si può riscoprire la sensazione dimenticata di camminare tra gli stand invece di ‘sfondare’ muri di folla come gli anni precedenti, dove il flusso dei visitatori doveva rigorosamente rispettare percorsi  e direzioni specifiche per evitare ingorghi da raccordo anulare.

Si poteva accettare un quasi auspicabile ridimensionamento dello SMAU, dove magari la qualità dell’esposizione avrebbe preso il sopravvento sulla quantità degli aggeggi esposti? Mai, l’imperativo è sempre di presentare cifre consuntive in crescita, ma serviva l’idea. Detto fatto: SMAU 2002 (la fiera della tecnologia informatica e delle relative novità, ricordiamolo) ruotava attorno alla novità di SMAU Shop! Niente meno che un’area, ovviamente estesa al punto da compensare buona parte delle superfici lasciate libere dalle defezioni, dove si può acquistare prodotti come in un comune megastore o centro commerciale. Grazie alla vendita di CD autografati a prezzi scontati, fondi di magazzino offerti come saldi e giocando sull’euforia dei giovani visitatori, anche questa edizione era salva. Con un certo orgoglio, l’organizzazione poteva sbandierare un incremento dell’11% dei visitatori. Che poi fossero in pochi a qualche settimane di distanza a ricordare  qualche cosa che non fosse l’affare fatto allo shop piuttosto che la modella incontrata nello stand dove c’era il dj preferito, questo per le cifre è relativo. Prossimo obiettivo: esportare il modello nella Silicon Valley, per risolvere la crisi della new economy, che l’evoluzione riuscirà a tramutare in ‘null economy’.


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