lunedì 14 aprile 2008

 

Le pericolose inclinazioni della Svizzera

Sono pochi i Paesi al mondo che possono vantarsi di essere multiculturali quanto la Svizzera. I Rossocrociati infatti, in uno spazio e una popolazione poco più grande della Lombardia, convivono felicemente destreggiandosi tra ben quattro lingue ufficiali. Sì, perchè nonostante siano ben pochi, anche tra gli elvetici, ad avere la minima idea di che cosa si tratti, anche il Romanzo è considerata lingua ufficiale.
Come se non bastasse, per evitare di turbare i delicati equlibri sui quali si regge la Confedereazione, molto spesso nelle relazioni interpersonali tra soggetti di cantoni con lingua diversa non viene utilizzato il tedesco, l'idioma più diffuso, ma l'inglese, vera e propria lingua franca il cui impiego permette di respingere qualsiasi accusa di voler imporre un idioma a scapito degli altri tre.

Questa curiosa situazione non è priva di conseguenze interessanti. Da una parte, una fetta consistente di svizzeri è in grado di parlare almeno due tra le lingue più diffuse, ma la media è decisamente più vicino al trittico tedesco-francese-inglese, grazie ai quali gli elvetici sono in grado di cavarsela in buona parte del Pianeta.

In una Nazione che punta molto sul turismo pur facendo fattica ad accettare regole, abitudini e gusti dei turisti, questa condizione può portare anche a situazioni curiose. Per esempio, quella incontrata in un grazioso albergo di Alpenstatt, nel Canton di San Gallo a un tiro di schioppo dal confine con Austria e Germania.

Preso dal desiderio di mostarsi al tempo stesso lungimirante, ospitale ed eco-compatibile, il gestore dell'hotel non ha esitato ad affiggere in tutte le camere un cartello per richiamare a un uso consapevole della biancheria da bagno.

Non è questa naturalmente la curiosità, ormai presente in quasi tutti gli alberghi (a patto che non si trovino in Italia). A strappare qualche cosa di più di un sorriso, è l'improbabile traduzione italiana di questo messaggio.


Già il punto esclamativo a chiudere il titolo, da più l'idea dell'imperativo che del semplice invito, ma è il testo che rivela una comicità tanto elevata quanto involontaria. La curiosa unità di misura impiegata per gli asciugamani, le tonnelatte (ma non così astrusa per un Paese che ha quasi più mucche che abitanti) è niente rispetto al problema basilare per il quale si fa affidamento sul buon senso dei gentili ospiti (!, oserei aggiungere).

Mai e poi mai avrei immaginato che asciugandomi la faccia avrei potuto creare seri problemi di 'inclinazione' alle acque svizzere. Nel timore, ho usato la stessa salvietta per tutto, (bidet escluso, il gestore mi perdonerà).

Certo, mi sono ritrovato con la faccia un po' più umida, ma almeno sono rientrato a casa convinto che la prossima volta ritroverò la Svizzera ancora al suo posto e non minacciosamente inclinata.

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domenica 9 dicembre 2007

 

C'è qualcosa che non quadra

Giorno di festa, in prossimità delle Feste.

Approfitto della giornata di clemente favonio (il termine che gli svizzeri ticinesi usano per indicare quello che noi italiani chiamiamo comunemente fhoen), per uno dei miei giri in bicicletta nella zona di confine tra provincie di Varese e Como e il Canton Ticino.

Lungo le strade italiane, nonostante la giornata festiva, il solito traffico un po' nevrotico, con forti tendenze all'addensamento in prossimità dei centri commerciali e dei punti vendita, dove spesso si rasenta il blocco totale. Situazione accentuata dalla prossimità del Natale e dintorni.

Non appena superato il confine, subito la sensazione di qualche cosa di diverso. Nella tranquillità più totale di una cittadina in un giorno di festa, si notano solo alcune macchine italiane in missione pieno-a-prezzo-conveniente e qualche indigeno che si gode la giornata clemente a passo tranquillo. Nessuna traccia di corse a regali o presunti tali. Grandi magazzini e negozi quasi tutti chiusi, ad eccezione di bar edicole e benzinai.

Quello che potrebber però apparire come un segnale di vita monotona e noiosa, tra una pedalata a l'altra porta a una breve riflessione.

In Italia non passa giorno senza che l'Associazione di turno si lanci in appassionate arringhe in presunta difesa dei consumatori, sparando cifre su aumenti, rincari e livelli di povertà sempre più accentuati, in una sorta di gara a chi la spara più grossa alla ricerca della visibilità mediatica indispensabile a guadagnare consensi (vale a dire tessere). Qualche cosa che ricorda molto da vicino certe consuetudini politiche, le stesse in teoria contestate.

Sulla strada, la situazione appare ben diversa. Tutti coloro pronti a non perdere occasione per lamentarsi di prezzi inversamente proporzionali agli stipendi e a scaricare ogni colpa sull'euro, non esitano a passare anche le giornate di festa in automobile macinando chilometri (pochi) in ingorghi (tanti) per ammassarsi in un centro commerciale a riempire carrelli di merce di ogni tipo, spesso futile, e produrre relativi scontrini che attentano pesantemente al conto in banca. Insomma, non sembra esattamente un Paese in difficoltà economica.
Quello che invece non accade nella vicina Svizzera, un'economia tra le più solide e ricche in assoluto. Laddove uno dei problemi più sentiti è l'aumento della disoccupazione dello 0,2%, arrivando così al 2,4%, nessuno sente la mancanza di un'ulteriore apertura festiva di negozi, grandi magazzini e centri commerciali per lanciarsi in spese fini a sè stesse.

Sarò anche un po' duro di comprendonio, ma c'è proprio qualcosa che non mi torna. Forse gli svizzeri non sono proprio così noiosi e monotomi come tanti italiani amano descriverli. Magari per non doversi guardare allo specchio.

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